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Pluridecorato della I° Guerra Mondiale con 3 medaglie d’argento e 3 medaglie di Bronzo al Valor Militare. Volontario in Africa e in Spagna. Tre Lauree, tra cui medicina e veterinaria poste al servizio della gente più umile. Ammazzato da prezzolati assassini.

L ' UCCISIONE DEL FEDERALE DI FERRARA

Le origini della guerra civile. La contesa fra Italiani, che si scatenò tra l’8 settembre 1943 (data ufficiale dell’armistizio Italia-Usa/Gran Bretagna), ed i primi mesi del 1944,fu decisa da un solo partito: il PCI.
Capi e capetti comunisti, nel 1943, erano non più di 100.
Come allargare l’area dei dissenzienti al regime, e fare proseliti?
Semplice. Uccidendo ufficiali e soldati dell’esercito, si da scatenare le rappresaglie, che, colpendo spesso innocenti, avrebbero generato odio e rivolta contro il regime fascista, ed il suo capo, Benito Mussolini.
Infatti, il primo uomo a cadere sotto i premeditati colpi dei rossi, fu Igino Ghisellini, Federale di Ferrara (14 novembre 1943); poi toccò ad Aldo Resega, Federale di Milano(18 dicembre 1943), poi ad Eugenio Facchini, Federale di Bologna (25 gennaio 1944): in ultimo, ma non ultimo, ad Arturo Capanni, Federale di Forli (10 febbraio 1944).
I comunisti, crearono i GAP (Gruppi Azione Patriottica), composti da squadrette terroristiche. Queste squadre, falciarono circa dodicimila fascisti, dei caduti tra l’8 settembre 1942 ed il 25 aprile 1945. I rossi, cercavano di esasperare i fascisti, tanto da indurli a sanguinose rappresaglie. L’uccisione del federale di Ferrara Il mattino del 14 Novembre 1943, in un fossato presso Castel d’Argile (confine tra Ferrara e Bologna), fu rinvenuto il cadavere del maggiore Igino Ghisellini. All’alba del 15 novembre, per ritorsione, i fascisti fucilarono 11 antifascisti ferraresi. Questo fu l’inizio della guerra civile, come desiderato dai comunisti. A posteriori, finita la guerra, la solita panzana resistenziale, e cioè che Ghisellini “fu vittima di una faida interna”…..la solita versione che i fascisti si ammazzavano tra loro. Ghisellini, aveva tre lauree. Volontario nella prima Guerra Mondiale, in Africa, in Spagna, e nella seconda guerra, alla testa di reparti d’assalto, si era guadagnato tre medaglie d’argento e tre di bronzo. Alla sua testa, il ricostituito Partito Fascista di Ferrara arrivò a 15.000 iscritti.
Egli era un moderato, e Ferrara, con lui, ebbe momenti tranquilli, che non potevano piacere ai comunisti. I fascisti, ebbero sentore di un “Comitato di liberazione nazionale”, con a capo certo Ermanno Farolfi. Ghisellini volle incontrare i rappresentanti di tale comitato, e si stabilì un patto di non belligeranza le parti. Ma ciò andò di traverso al PCI. Il 14 novembre, avrebbe dovuto svolgersi il congresso del PFR. La sera del 13, verso le 19, Ghisellini salutò i suoi collaboratori. Poi salì su una 1100 per raggiungere Casumaro, un paese nei pressi, dove l’aspettava la moglie. Ma non arrivò mai a casa. Fu ritrovato riverso in un fosso, e la 1100 poco distante, all’interno tutta chiazzata di sangue. Fu chiaro, che Ghisellini aveva preso a bordo qualcuno, che poi, dal sedile posteriore gli aveva esploso contro dei colpi di pistola. Nel 1988, fu scoperta la verità, rivelata proprio da un imprenditore di Pieve di Cento, che nel 1943 era giovane brigadiere in quei luoghi. Si scoperse che Ghisellini era stato assassinato da tre uomini in divisa fascista che gli avevano chiesto un passaggio.
A Ferrara, si scatenò così ciò che i comunisti tanto desideravano: la caccia agli antifascisti. Fu istituito una specie di tribunale, che decise di fucilare 37 antifascisti. Intervennero Franz Pagliani ed Enrico Vezzalini, per placare gli animi. Il numero degli antifascisti da fucilare fu ridotto a 10. La ritorsione colpì degli antifascisti non comunisti, come l’ ’Avv. Zanatta, il Senatore Emilio Arlotti, il dott. Pasquale Colagrande, il commerciante Vittorio Hanau e suo figlio Mario, l’Avv. Giulio Piazzi, l’Avv. Mario Teglio, il commissario Alberto Vita Finzi. Questi uomini, furono falciati dai mitra presso il Castello Estense. Furono uccisi anche l’Ing. Girolamo Savonuzzi ed il Ragionier Arturo Torboli.
I comunisti, non persero un solo uomo. Nel dopoguerra, il regista Florestano Vancini, realizzò un film: ”La lunga notte del ‘43”, che sposava in pieno la tesi dei comunisti, che addossavano la colpa della uccisione di Ghisellini ai fascisti, “per avere così la possibilità di scatenare la rappresaglia sugli antifascisti innocenti”………La radio inglese nel notiziario delle Nazioni Unite dedicato ai partigiani, alle ore 8,20 del 24 settembre 1944, disse testualmente: ”Foste proprio voi che nel novembre scorso giustiziaste il federale Ghisellini…”E un vecchio comunista, che, finita la guerra, abbandonò il PCI, disse: ”I rossi negarono di essere stati loro a eliminare Ghisellini. Hanno buon gioco, anche perché l’unico che sapeva molto sulla questione, e che forse avrebbe parlato, venne poi eliminato dai tedeschi a Fiorenzuola, nel settembre 1944, in seguito ad una delazione. Egli fu Ermanno Farolfi, il comunista che faceva parte del CLN mentre era federale Ghisellini. Ricordo però che subito dopo l’uccisione di Ghisellini , nelle nostre file circolò la notizia che il “giustiziere” era un gappista bolognese di una squadra dislocata nel comune di Galliera, in Via Cucco .E. nel 1970,in una pubblicazione di Ezio Antonioni Bologna verso la libertà, si lesse: ”L’uccisione del federale di Ferrara, fu, dunque, un’azione di guerriglia partigiana. L’attentato fu deciso a Bologna.
Mario Peloni incaricò dell’azione “S” al quale aveva dato appuntamento nei pressi di Porta Saragozza, il 13 Novembre.

IL LUOGO DELL' UCCISIONE
Sera un aviere che l’8 settembre si trovava a casa raggiunse nello stesso giorno Ferrara. Ma la ricostruzione definitiva dell’assassinio di Ghisellini, venne nel 1983 da Spero Ghedini (segretario della federazione ferrarese del PCI nel 1944).In un suo libro dal titolo ”Uno dei centoventimila” (ed. La Pietra, Milano), Spero Ghedini raccontò: ”Il gerarca fu infatti giustiziato dai partigiani e non ucciso dagli stessi fascisti in dissenso con lui, tesi lasciata circolare per diversi anni senza che nessuno intervenisse per smentirla. Io stesso, in una intervista rilasciata qualche anno fa al periodico Vie Nuove, sono stato in grado di confermarlo. L’attentato fu preparato accuratamente da Mario Peloni, che potè contare su tre compagni, dopo aver discusso a lungo con loro sulla opportunità e sul significato esemplare dell’azione. Uno dei tre era un ferrarese, di cui però nessuno di noi ricorda il nome. Si trattava di un atto imposto sia dallo stato di lotta aperta che dalla necessità di impedire con ogni mezzo, la riorganizzazione del Partito Fascista e di salvaguardare l’unità recentemente raggiunta dal movimento antifascista che la falsa e subdola opera “pacificatrice” svolta da uomini come Ghisellini tendeva a minare”….. Sempre in un’intervista del novembre 1983, Spero Ghedini parlò di come si era svolta quella azione.“Ghisellini era stato seguito più volte quando la sera tornava a Casumaro……Quella notte, i compagni bloccarono l’auto lungo la strada, uno solo sparò e uccise Ghisellini. Poi, auto e cadavere furono portati a Castel d’Argile per sviare le indagini” Tanto basta per chiarire in via definitiva a chi va attribuita la responsabilità morale e politica dell’assassinio di Igino Ghisellini, e del bagno di sangue che ne seguì. Quindi, tutto chiaro, per questo assassinio, come per tutti gli altri nelle principali città del Nord. Scopo: scatenare le rappresaglie dei fascisti, dei tedeschi, generando odio nelle popolazioni, sino ad allora relativamente tranquille, nonostante gli stenti ed i bombardamenti della guerra.…… E creare nuovi fiancheggiatori al PCI, per ingrossarne le fila nella lotta partigiana, fatta di assassinii individuali, sabotaggi, ed estorsioni ad industriali e commercianti, pena la vita.
Bibliografia: da “Sangue chiama sangue” di Giorgio Pisanò

LE ONORANZE FUNEBRI A GHISELLINI

A Ghisellini fu intitolata la XXIV Brigata Nera "Igino Ghisellini", di stanza a Ferrara; nel 2008 la giunta comunale di centro-destra di Cento gli ha intitolato una via.
Onorificenze
Medaglia d'argento al valor militare (Monte Solarolo, 24 giugno 1918)
Medaglia d'argento al valor militare (Malga Fossa dei Confin - Val dei Pez, 16 settembre 1918)
Medaglia d'argento al valor militare (Monte Pertica - Grappa, 25/27 ottobre 1918)
Medaglia di bronzo al valor militare (Gora Faltì, 9 novembre 1936)
Medaglia di bronzo al valor militare (Neghe Sel Nuré, 5 marzo 1937)
Medaglia di bronzo al valor militare (Krispolje, 13 agosto 1942)
Medaglia di benemerenza per i volontari della guerra italo-austriaca 1915-1918
Medaglia di benemerenza per i volontari della campagna dell'Africa Orientale 1935-1936
Medaglia di benemerenza per i volontari della campagna di Spagna
Medaglia commemorativa della Marcia su Roma
Medaglia commemorativa delle operazioni militari in Africa orientale (ruolo combattenti)
Medaglia commemorativa della guerra italo-austriaca 1915-1918
Medaglia a ricordo dell'Unità d'Italia 1848-1918
Medaglia commemorativa italiana della vittoria del 1918
Medaglia commemorativa della campagna di Spagna
Cruz de la guerra por la unidad nacional española (Spagna)
Distintivo della guerra in corso (2ª Guerra Mondiale)
Croce di anzianità di servizio nella MVSN (20 anni)


Ferrara 13.11.1943 - Nacque a Buonacompra, frazione del comune di Cento, in provincia di Ferrara, il 20 luglio del 1895. Il padre, Napoleone, era un proprietario terriero originario di Corporeno, frazione di Casumaro. Secondo di sette figli, Igino Ghisellini si arruolò come volontario nella Prima Guerra Mondiale, nel 1916 fu ufficiale degli Arditi sul fronte italo - austriaco dove rimase ferito il 6 ottobre dello stesso anno. Dopo il periodo di convalescenza, prese parte ai combattimenti del 25 marzo 1917 a Dosso Faiti, del 4 luglio 1918 a Monte Solarolo e del 16 settembre 1918 a Fossa Val Martin. Ferito nuovamente fece ritorno a Cento in congedo, ma decise ben presto di abbandonare l’ospedale in cui era stato ricoverato per rientrare in servizio. Inquadrato nel diciottesimo Battaglione d'Assalto, Igino Ghisellini, prese parte ai combattimenti del Col della Martina dal 26 ottobre 1918, venendo ferito il giorno dopo sul monte Pertica. Nel 1919 prese parte ad alcune azioni militari in Albania, per poi rientrare in patria dove si iscrisse al Partito Nazionale Fascista il primo novembre del 1921, insieme ai fratelli minori Massimiliano e Bruno, prendendo parte l’anno successivo alla Marcia su Roma.
Quell’adesione al Partito Nazionale Fascista fin dalle origini gli garantì successivamente il riconoscimento della qualifica di squadrista. Laureatosi in medicina veterinaria presso l'Università di Bologna, fu eletto Consigliere Comunale a Cento dal 17 dicembre 1922. Nel 1929, Igino Ghisellini, ottenne la seconda laurea in farmacia e chimica, oltre a diventare Segretario del Partito Nazionale Fascista della frazione di Casumaro, dove abitava e prestava servizio come veterinario. Nel 1936 partì volontario per la Guerra d'Etiopia, battendosi a Neghe Sel Nurè il 5 marzo del 1937, tornando poi brevemente in patria e ripartendo poi dal 1938 per prendere parte come volontario alla Guerra Civile Spagnola al fianco dei nazionalisti. Nel luglio del 1941 Igino Ghisellini entrò a far parte del direttorio federale del Partito Nazionale Fascista di Ferrara. Con il grado di Seniore della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, prese parte alla Seconda Guerra Mondiale sul fronte Jugoslavo inquadrato nel battaglione Camicie Nere d’assalto “Ferrara”, e successivamente alle operazioni di controguerriglia coadiuvando gli ustascia nel settore operativo croato. Durante gli scontri perse un parente, il medico Costantino Ghisellini, caduto in un'imboscata nel 1942. Rientrò in patria nell'estate del 1943. Il giorno successivo all'armistizio dell'8 settembre 1943 la città di Ferrara fu occupata dalle truppe tedesche. In seguito, il Prefetto ed il locali dirigenti fascisti si accordarono per la riapertura della sezione cittadina del Partito Nazionale Fascista, con l'intento di promuovere l'operato della costituenda Repubblica Sociale Italiana. Igino Ghisellini fu proposto da Alessandro Pavolini come federale del Partito Fascista Repubblicano e assunse ufficialmente l'incarico il 21 settembre del 1943, assumendo al contempo il comando della ricostituita settantacinquesima Legione “Italo Balbo”. Igino Ghisellini era solito percorrere quotidianamente il tratto di strada tra Ferrara e Casumaro a bordo della Fiat 1100 messa a disposizione dalla federazione del Partito Fascista Repubblicano. Lungo quel tratto di strada fu ucciso con sei colpi di pistola verso le ore ventuno del 13 novembre 1943. Il corpo fu lasciato poi a Castello d'Argile dove fu ritrovato il mattino successivo in un fosso lungo la strada. La notizia giunse poco più tardi a Verona, dove si svolgeva il Congresso del Partito Fascista Repubblicano dove lo stesso Igino Ghisellini doveva recarsi. La notizia fu subito comunicata all'assemblea da Alessandro Pavolini. Per vendicarne la morte, fu organizzata una squadra punitiva che raggiunse Ferrara nel pomeriggio. La sera stessa furono arrestati settantaquattro cittadini ferraresi di cui undici furono fucilate all'alba del 15 novembre 1943. La matrice dell’omicidio di Igino Ghisellini non fu mai accertata se non all’inizio degli anni ottanta. Inizialmente fu Giorgio Pisanò che indicò come esecutori i Gruppi di Azione Patriottica portando a testimonianza una copia del giornale del Partito Comunista “l’Unità” datata 15 dicembre del 1943 in cui nell’articolo intitolato “Traditori fascisti giustiziati” si rivendicava l’omicidio. Secondo Mimmo Franzinelli, fu la stessa Federazione fascista locale, in via riservata, a dirigere le indagini sul delitto seguendo la pista della faida interna per disaccordi sulla nomina a federale. Poi si affacciò addirittura l’ipotesi di un delitto passionale. Nell’immediato dopoguerra fu celebrato un processo che imputò l’omicidio ad una faida interna, conclusione che Gianni Oliva fece proprie: « L'episodio non è mai stato chiarito, ma le versioni più attendibili escludono il colpo di mano partigiano e chiamano in causa faide interne o convergenze di interessi tra elementi fascisti e “ribelli” per l'eliminazione del Segretario Federale ». Sulla stessa linea si pose anche Aurelio Lepre, mentre Renzo De Felice si limitò a riferire le opposte versioni senza però mai decidere. La prima ammissione in campo partigiano avvenne con Spero Ghedini che all’epoca dell’omicidio di Igino Ghisellini era partigiano a Bondegno presso Ferrara. Nel 1944 divenne commissario delle formazioni comuniste della provincia di Ferrara e membro del Comitato di liberazione provinciale. Nel 1983 nel libro autobiografico dal titolo “Uno dei centoventimila” ammise che il gerarca fascista fu giustiziato dai partigiani: « L’attentato fu preparato accuratamente da Mario Peloni, che poté contare su tre compagni, dopo aver discusso a lungo con loro sulla opportunità e sul significato esemplare dell’azione. Uno dei tre era un ferrarese, di cui però nessuno di noi ricorda il nome. Quella notte i compagni bloccarono l'auto lungo la strada, uno solo sparò e uccise Igino Ghisellini. Poi auto e cadavere furono portati a Castel d'Argile per sviare le indagini. L'attentato avvenne alla periferia della città, ci si può dire a poche centinaia di metri dalla Federazione Fascista ». A Igino Ghisellini fu intitolata la ventiquattresima Brigata Nera e nel 2008 la giunta comunale di centro – destra di Cento gli intitolò una via